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perché discuterne è domenicano

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  • Immagine del redattoreDomini Canes

Una casa accogliente in San Domenico a Pistoia

Nella vita è dagli incontri che sorgono le novità e le aperture. Le migrazioni possono essere una notizia fatta di numeri, di titoli spesso svianti letti distrattamente sui giornali o di superficiali analisi televisive. Quando si incontrano i volti e le persone con le loro storie tutto cambia.



Le migrazioni passano da essere un tema di dibattito televisivo a divenire incontro di volti e scoperta di altri che condividono speranze e paure. Così si aprono interrogativi sulla propria vita, e possono sorgere percorsi di conoscenza e di impegno scoprendosi in cammino insieme.


Quando nel 2017 la Provincia di Romana di S. Caterina da Siena ha deciso la chiusura della comunità di san Domenico di Pistoia già da tempo era viva nell’ambiente conventuale l’attenzione all’esperienza dei migranti, alle loro sofferenze. Avevamo riflettuto infatti da tempo sulle migrazioni come segno dei tempi, evento che reca in sé una chiamata di Dio per accogliere in modo nuovo il vangelo.



Da qui era sorta anche la domanda su come ripensare il convento sede di una comunità religiosa in termini nuovi di fronte alla sofferenza di tante sorelle e fratelli. Dopo varie ricerche la collaborazione con una cooperativa sociale attiva nella città di Pistoia ha aperto la possibilità di un progetto condiviso: l’utilizzo dei locali si sarebbe orientato all’accoglienza e all’attenzione ai più fragili.


Dal 2016 l’accoglienza di gruppi di richiedenti asilo ha portato ad incontrare giovani con alle spalle tragiche esperienze di guerra, di miseria o persecuzione, che avevano attraversato il Mediterraneo, dopo essere passati per le orribili situazioni di tortura e prigionia in Libia, e avevano compiuto viaggi tra mille difficoltà in vista di un futuro per se e per la propria famiglia.


fr. Alessandro Cortesi, O.P.
fr. Alessandro Cortesi, O.P.

Le attività della cooperativa da quel momento si sono moltiplicate, con l’apertura di diverse case famiglia per minori, con attività di aiuto nella ricerca e formazione al lavoro, con assistenza sociale. Da parte dei frati la presenza è stata di accompagnamento, di formazione, di studio: iniziative per conoscere la realtà delle migrazioni, il complesso sistema della accoglienza, attività concrete di aiuto nell’apprendimento della lingua italiana e laboratori di lavoro.


Nel 2020 è stato poi aperto un appartamento per coloro hanno ricevuto protezione internazionale ma hanno una autonomia abitativa e lavorativa. La casa è stata intitolata a Dominique Pire, un domenicano belga che dopo la seconda guerra mondiale si è prodigato nell’Europa devastata per organizzare luoghi di accoglienza per i profughi e per costruire un mondo di pace.



Questa piccola storia è un piccolo seme, insignificante, ma in quest’esperienza si scopre l’importanza di un coinvolgimento personale dove l’incontro con i più fragili diviene occasione per scorgere come l’incontro stesso con Dio passa nel cammino di ogni giorno e apre la vita stessa a nuovi orizzonti.


fr. Alessandro Cortesi, O.P.


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