Se dovessi scegliere la parola più in voga di questi ultimi anni direi sicuramente “Autodeterminazione”. Dietro questa parola apparentemente innocua e affascinante però si nascondono vari limiti.
L'autodeterminazione è diventata quasi un sinonimo di libertà: io che sono riccia con la mia autodeterminazione mi faccio la piastra e divento liscia, con la mia libertà decido di disporre dei miei capelli come preferisco. Il problema arriva quando, sfruttando la mia autodeterminazione decido di uccidermi perché la mia vita non ha senso, decido di uccidere mio figlio perché non desiderato e decido di usare droghe perché la vita è mia e decido io.
Il problema quindi dell’ autodeterminazione è l’uso che se ne fa. Esiste un limite all'autodeterminazione o è tutto lecito? E se esiste un limite, qual è tale limite? Chi decide tale limite? Il problema della confusione morale dell’epoca contemporanea è che si pensa che 1) Non ci siano limiti nell’autodeterminazione, tutto è lecito; 2) L’unico limite che esiste è il limite della mia immaginazione e dei miei impulsi; 3) Sono io che decido il limite. Quindi il minimo comune denominatore è che l’autodeterminazione sono io stesso. Io uomo posso fare tutto ciò che voglio, come voglio e quando voglio. Questo pensiero o meglio, questo non-pensiero è estremamente egocentrico e pericoloso per noi stessi e per gli altri perché significa rinunciare a qualunque regola, significa andare verso l’anarchia più totale, significa andare verso la distruzione.
Per farvi capire la differenza tra libertà e autodeterminazione vi faccio questo esempio: immaginiamo un corso d’acqua che scorre. Se tale corso d’acqua lo arginiamo lateralmente, lui può fluire comunque verso valle e l’apparente costrizione degli argini lo fa scorrere in modo impetuoso e energico. Se invece non si mette alcun argine al corso d’acqua lui è certamente privo di costrizioni e barriere, ma fluirà in modo lento e debole.
Ecco a cosa servono le regole (nel nostro caso regole morali): ad arginarci, non a privarci di qualcosa. Quindi la Morale intesa come scienza è vitale.
Eppure le leggi che si sono palesate a partire dal 1970 sono una più preoccupante dell’altra dal punto di vista morale, tra divorzio, aborto, unioni civili, il ddl Zan grazie a Dio bloccato, l’imminente discussione sull’uso della cannabis e la depenalizzazione del suicidio assistito il panorama che ci si prospetta è davvero spaventoso.
Ma davanti a tutto ciò abbiamo due scelte: o rintanarci e osservare da lontano questi scenari crogiolandoci nella tristezza o alzarci in piedi - come direbbe San Giovanni Paolo II - e far sentire la propria voce, l’essere scandalo nel gridare la verità.
Ricordo di aver sempre avuto una forte spinta verso l’attivismo pro life, ero appena diciottenne quando andavo nei centri di aiuto alla vita a dare una mano come potevo: preparavo pacchi con pappe e latte in polvere, compravo pannolini, sorridevo alle mamme in difficoltà cercando di dare un minimo di conforto. Quando andavo lì mi sembrava spesso di perdere tempo: in fondo c’erano gli altri volontari che potevano parlare alle mamme meglio di come facessi io e comprare le stesse cose.
Ma la testa dura e la perseveranza che mi caratterizzano mi impedivano di ritirarmi. E ora dopo qualche anno sono grata di aver iniziato l’attivismo pro life perché mi ha donato molto di più di quanto io non abbia dato. Mi piace pensare se grazie a me e al mio essere serva inutile si sia salvato anche solo un bambino, un disabile, un anziano la mia vita non è stata vana.
Spesso mi trovo a pensare cosa ci faccia a difendere la vita, io che ho davvero un pessimo carattere, io che sono così spigolosa e a volte rude, io stessa che spesso vivo momenti di sconforto. Proprio io, che se fossi un’altra persona mai mi vorrei come amica, mi ritrovo ad essere una pro life. Eppure, ciò che mi spinge ogni giorno a contattare quel volontario o a scrivere quel post o ad essere pietra di scandalo è pensare che se non lo facciamo noi non ci sarà nessuno a difendere gli innocenti. E che c’è chi il Paradiso se lo guadagna con la docilità e la mitezza, io spero di guadagnarmi un pezzetto di purgatorio con il mio caratteraccio ma il mio essere pro life.
Nicoletta Rossi
Club theologicum
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