“la musica sacra... può avere e di fatto ha un compito rilevante, per favorire la riscoperta di Dio, un rinnovato accostamento al messaggio cristiano e ai misteri della fede.”
Benedetto XVI
Come uno che ha dedicato una gran parte della sua vita alla musica — prima come studente, poi come musicista e insegnante — la musica ha avuto un grande ruolo nella mia vita di fede, in particolare negli anni della mia “riscoperta” della fede, quando ero un giovane studente universitario.
Interessantemente, la mia scoperta della musica sacra non è avvenuta in chiesa, ma in un ambito completamente secolare: quello del mio conservatorio di musica. Lì, studiando storia della musica, abbiamo dovuto affrontare la musica della Chiesa Cattolica, perché lo sviluppo della musica è intrinsecamente legata alla storia della Chiesa, alla vita di monaci e ecclesiastici di ogni tipo di ogni epoca: uomini per cui la preghiera e il canto non erano per niente separate, e per cui la religione e la musica lavorano in squisita armonia.
Avevo scoperto innanzitutto ciò che chiamiamo il canto gregoriano. Era una musica che nasceva dalla silenziosa contemplazione di innumerevoli monaci, e che portava alla stessa contemplazione. Era una musica fatta precisamente per la sacra liturgia, e che non aveva nessun senso fuori il contesto sacro.
Grazie all’unione inscindibile fra testo biblico e melodia che si trova nel canto gregoriano, ero portato dal mio studio — iniziato per motivi puramente accademici — a meditare le stesse parole sacre. Così, senza volerlo, il mio studio diventava preghiera e mi trovavo in meditazione insieme con gli stessi monaci anonimi che avevano cantato questa musica secoli fa.
Scoprì poi la polifonia sacra e classica: dai suoi inizi nel Medioevo alle sue più alte espressioni in compositori rinascimentali come Giovanni Luigi da Palestrina e Tomas Luis de Victoria. Lì, la semplicità monofonica del canto gregoriano ha dato spazio alla più complessa polifonia; una sola melodia cantata all'unisono ha dato luogo ad una rete intricata di melodie cantate simultaneamente, apparentemente indipendenti, ma in realtà tutte facendo parte di una grande sinfonia di onore a Dio. Non è questa un’immagine della Chiesa stessa, dove una moltitudine di persone in ogni luogo e tempo, apparentemente indipendenti, sono in realtà uniti nella lode del Signore? In quella armonia di melodie, cominciavo a perdere ogni senso del tempo, e a me si è aperto uno spiraglio in cui sentivo un eco dell’eternità.
Nel mio studio della storia della musica, ho scoperto che quello stesso spirito di preghiera e contemplazione ha animato innumerevoli compositori di musica attraverso i secoli, fino ai nostri giorni, come nella musica di Arvo Pärt e Henryk Górecki.
Noi musicisti abbiamo come amica e patrona Santa Cecilia, una martire dai primi secoli della Chiesa che è stata forzata a sposare un uomo pagano. Alla festa di nozze si narra che mentre suonavano gli strumenti festosi, Cecilia cantava in cuor suo una preghiera al Signore, confidando pienamente in lui.
Anche se storicamente parlando non sappiamo se Cecilia era veramente una musicista o no, troviamo in questo passo l’esperienza primordiale che deve animare ogni musicista cristiano: il saper cantare in cuor suo a Dio in ogni circostanza.
È da questa preghiera che nasce ogni musica veramente “sacra”, ed è questa preghiera che essa deve portare. Di questa verità ho fatto esperienza nel mio percorso di fede, e spero che lo potete fare anche voi!
fr. Jean Gabriel Pophillat, O.P.
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