«I giovani hanno la memoria corta, e hanno gli occhi per guardare soltanto a levante; e a ponente non ci guardano che i vecchi, quelli che hanno visto tramontare il sole tante volte». È il Giovanni Verga dei Malavoglia che studiavamo a scuola a rappresentare vivacemente i due sguardi dei giovani e degli anziani. Spesso nella Bibbia sono messe a confronto le due generazioni e non di rado a sfavore di quella giovanile, essendo la cultura di allora tendenzialmente patriarcale, col dominio dell'anziano considerato come l'emblema della sapienza […]
Un vecchio sacerdote del santuario di Silo in Israele e un giovane sono i protagonisti della scena che vogliamo ora descrivere. È notte fonda. Il ragazzo sta dormendo in una stanza adiacente al tempio. All'improvviso una voce lo scuote: «Samuele!». Egli si risveglia e risponde: «Eccomi!», e corre dall'anziano sacerdote Eli, responsabile di quel santuario. Costui, sorpreso, rimanda a letto il giovinetto: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». La vicenda, però, si ripete per altre due volte svegliando Samuele sempre di soprassalto con una chiamata imperiosa.
È a questo punto che il vecchio Eli rivela la sua sapienza di guida e di maestro: «Se ti chiamerà di nuovo, dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"».
E alla quarta volta in cui risuona quell'appello, il giovane riceve dalla voce divina la sua vocazione profetica.

A chi leggerà il capitolo 3 del Primo Libro di Samuele apparirà chiaramente la verità dell'asserto di Verga: Eli è il passato, destinato a tramontare anche perché i suoi figli, eredi del sacerdozio, sono corrotti e incarnano una fase che il Signore vuole chiudere; Samuele è, invece, il futuro, il giorno che sta per sorgere.
Con questa sua vocazione inizierà la missione profetica di Samuele che avrà risvolti anche politici perché sarà lui, sia pure renitente, ad avallare il trapasso istituzionale del popolo ebraico dalla forma tribale alla nazione unitaria sotto la monarchia, prima, di Saul e, poi, di Davide. Da quel momento in avanti i ruoli si invertono: finora Samuele era stato agli ordini di Eli, correndo da lui per ascoltare i suoi consigli; d'ora innanzi sarà lui a condurre le sorti di Eli, della sua famiglia e dell'intera comunità. Infatti, «Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole» (v. 19).
Si ribalta, così, la concezione tradizionale del primato dell'anziano la cui età non necessariamente è sempre indizio di sapienza e di guida. È significativa la battuta che un vecchio saggio biblico, il Qohelet, ci ha lasciato sul tema: «Meglio un giovane povero ma accorto, che un re vecchio e stolto, incapace di accettare consigli»(4,13). Sta di fatto che la letteratura di tutti i tempi ha spesso riflettuto sul tema del rapporto tra giovani e vecchi. Citiamo solo uno degli Aforismi sulla saggezza di vivere (1851) del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer:
«Vista dai giovani la vita è un avvenire infinitamente lungo; vista dai vecchi è un passato molto breve». C'è, comunque, un'altra verità ben espressa da un altro te-desco, il grande Goethe: «Essere giovani è un effetto del caso e si dilegua come nebbia. Rimanere giovani è molto più, è un'arte di pochi».
Ravasi, cuori inquieti, 58-60
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