Ho iniziato il mio percorso da educatrice a 7 anni. Mi rendo conto che questa affermazione suona strana ma proprio entrando nel gruppo scout Chieti 2 come coccinella ho iniziato ad imparare il valore di parole come scoperta, competenza, autonomia, responsabilità, condivisione… anche se ancora non le conoscevo!
Continuando nel percorso educativo dello scoutismo fino alla sua conclusione con la Partenza, mi sono resa conto che il grande gioco della vita è più bello quando si fa insieme e quando insieme si cammina sulla strada, seguendo il passo del più lento a ritmo di canzoni e ban. Un’esperienza di questo tipo segna, educa profondamente alla vita di gruppo e non può che spingere a continuare sulla stessa strada.
Trasferendomi a Roma non è stato facile ritrovare un percorso simile e, dopo qualche vicissitudine, l’ho trovato a Santa Maria Del Rosario in Prati, guidata dallo spirito generoso, concreto e stimolante di Padre Graziano. Con lui ho scoperto un nuovo modo di essere alla guida di un gruppo, qualunque esso sia: enorme come può esserlo una Parrocchia, caotico come trenta ragazzini in un campo estivo, piccolo e viscerale come il gruppo di adolescenti che ho l’onore e la gioia di seguire. Un modo nuovo perché legato alla spiritualità domenicana e a quell'intensa vita comunitaria fatta di studio e preghiera, sempre pronta alla “missione” ed alla condivisone che ho potuto conoscere ed ammirare.
Essere educatori nasce per me da qui: dalla consapevolezza profonda dei propri valori e dal coraggio di metterli in pratica e diventare esempi, testimoni viventi della Parola di Dio. Per farlo ci vuole tutta la vita e forse anche di più… Nel frattempo, si cresce come educatori mettendosi in gioco e mettendo in pratica tante e tante cose: flessibilità, empatia, cura, allegria, condivisione, creatività, coraggio ed ogni tanto un po’ di incoscienza, preghiera, continuità, condivisione di valori, progettualità. Si fissano insieme gli obiettivi che ci portano avanti nel cammino, si fanno progetti e si impara a non sconfortarsi quando questi progetti crollano o cambiano: perché al centro ci devono essere sempre i ragazzi e le loro esigenze.
Quanto è stato difficile quest’anno: abbiamo iniziato ad incontrarci, giocare, parlare, conoscerci e poi improvvisamente tutto si è fermato. Con il lockdown era impossibile proseguire come prima con incontri e riunioni ma il nostro desiderio di educatori era quello di essere vicini ai nostri ragazzi, ancora di più in un momento così difficile. Dopo un brevissimo momento di sgomento, ecco che lo spirito da educatore, abituato alla concretezza ed alla fantasia, ci è venuto in supporto! Insieme a Pietro, mio marito e compagno in questo viaggio, abbiamo iniziato a pensare nuovi modi per far sentire la nostra presenza ai ragazzi e continuare il percorso, sfruttando, stavolta in positivo, le nuove tecnologie.
Ci siamo visti online: inizialmente parlando in maniera profonda delle paure del momento e poi, piano piano, stimolandoci a prendere il meglio da quello che stava accadendo ma anche facendo ban e canzoni a distanza e soprattutto giocando. Insieme ai ragazzi abbiamo creato un Contest, una sfida nella quale, ogni settimana, avevamo da fare una prova diversa per scoprire chi riusciva a vivere nella maniera più fruttuosa e creativa le ore a casa: dalla prova di cucina a quella atletica, dal reportage alla fondamentale prova per imparare a stirare una camicia, dal fai da te alla visione di un film da loro scelto. E le settimane sono passate, la Pasqua è stata vissuta insieme, in modo diverso dal solito ma autentico e profondo, tramite incontri di preghiera su Zoom.
Il mio telefono si è riempito di mille video: seri e impegnativi alcuni, divertenti e allegri altri. E io e Pietro ci siamo trovati di fronte al motivo più bello per essere educatori: la meraviglia, lo stupore di fronte a questi ragazzi incredibili e resilienti, disperati ed entusiasti, sempre pronti e sempre in ritardo. Con loro e per loro ho sperato di essere all’altezza delle parole di Padre Graziano: un educatore è chi ha il coraggio di trasformare i propri sogni in segni.
Non c’è augurio più bello che possa fare a chi vuole iniziare questa strada!
Maria Stella
Ciao Maria Stella, mi sono molto piaciute le tue parole! Come te, anche io sono stato scout, anche se sono arrivato lì solo per fare due anni di Clan: quel periodo è stato molto importante perché, poiché mi ha fatto vivere una vita diversa, a contatto con persone più o meno coetanee, a condividere emozioni e sensazioni, ed a vivere momenti importanti, come la "consegna" del totem, o due Route estive, in mezzo alle quali c'è stato il servizio al Reparto, prima in qualità di cambusiere, poi come aiuto capi. E' vero, gli scout ti formano e, vuoi o non vuoi, alcuni insegnsmenti ti restano in testa anche una volta che hai abbandonato i gruppo, come ho fatto io tempo…