Ci sono parole che si comprendono col passare del tempo. Sono termini che si sentono spesso, ma che solo negli anni assumono spessore e significato.
Tra di essi c'è il verbo “confermare”, un vocabolo che ricorre diverse volte nella Sacra Scrittura. Noto, per esempio, è quel passo dove si parla dell'incontro tra Gesù e Pietro, in cui il Signore gli disse: «E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli» (Luca 22,32).
Quand'è che ci accorgiamo dell'importanza di venire confermati in ciò che stiamo facendo o pensando, se non quando non siamo del tutto sicuri o magari ci sentiamo stanchi e abbattuti? Tale dinamica è evidente nei bambini. Quando fanno qualcosa, cercano spesso conferma da parte di qualcuno (mamma, papà, maestra, educatore, etc.) di cui hanno fiducia e nel quale riconoscono una certa autorità/autorevolezza. Il bambino, cioè, sembra riconoscere nell'altro un sano “di più” che con la propria maturità, con i propri “sì” e “no” vuole aiutarlo a germogliare e fiorire (d'altronde il termine autorità sembra derivare dal verbo latino augere).
Il confermare prevede due figure: colui che conferma e colui che è confermato. Non tutti possono confermare, così come non da tutti si accoglie una conferma (solitamente non viene cercata in estranei o in chi non ha alcuna autorevolezza). Ciò non vale solo per i bambini ma per ogni persona, di ogni età, giacché tutti desideriamo una voce esterna e autorevole che ci aiuti a capire che, dopo tutto, vivere non è poi una fregatura. Tutti in fondo cerchiamo conferme in molti aspetti della nostra esistenza, non per ultima la fede, ed è proprio per questo che il Signore comandò all'apostolo Pietro di confermare i credenti nella loro fede nel Dio vivente. L'Apostolo è in grado di farlo, però, solo perché viene a sua volta confortato e supportato da Gesù.
In altre parole il Figlio di Dio conferma Pietro perché questi, poi, possa fare lo stesso con gli altri fratelli e sorelle in Cristo. La missione dell'apostolo non si riduce all'annuncio del Vangelo ma si esplica anche nel confermare la Chiesa, specialmente nei momenti più duri o di scoraggiamento.
Anche oggi giovani e adulti, laici e sacerdoti, religiosi e religiose sentono il bisogno di sapersi supportati e confermati in ciò che fanno, un po' come il ragazzo ha bisogno di conferme per crescere sano e forte. Infatti, come un adulto (poco importa che sia padre, madre, religiosa, sacerdote, etc.) sente il bisogno che qualcuno gli dica in verità “stai facendo bene, avanti!”, aiutandolo anche a capire ciò che non va o che bisogna correggere, allo stesso modo un ragazzo sente l'esigenza (anche non espressa) che qualcuno gli dica con sincerità: “ben fatto, coraggio, avanti!”.
Perché ciò avvenga occorrono uomini e donne esperti in umanità e adulti nella fede, che siano in grado di confermare specialmente i più giovani, incoraggiandoli e mostrando loro come valga veramente la pena vivere e seguire il Signore risorto. In questo un ruolo importante lo hanno senza dubbio i pastori (sacerdoti e vescovi), chiamati da Dio ad accompagnare il Popolo di Dio verso i pascoli della vita eterna, ma una tale “missione” è effettivamente di tutta la Chiesa.
Volendo condividere qualcosa di personale, nella mia vita ho sperimentato che le conferme più vere non mi sono arrivate da uomini e donne che “facevano i giovani”, magari scimmiottando l'influencer di turno, ma da coloro che sono cresciuti – in ogni senso – facendosi discepoli, servitori e amici di Cristo. Persone simili sono importanti non solo per le nuove generazioni anche per sacerdoti giovani come me, perché guardando e appoggiandoci in parte a loro possiamo diventare sempre più presbiteri (termine di origine greca che significa “anziano”, cioè adulto, maturo) capaci di confermare coloro che sono nella prova, perché la loro gioia, come dice la Scrittura, sia finalmente piena (Giovanni 15, 9-11).
"Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano" (Marco 16,20).
fr. Fabrizio Cambi, O.P.
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