Un giovane rapito dalla terra. Sapienza.8. #giovaniebbibia
- Domini Canes
- 8 apr
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«In questi giorni i giovani sono simili a pappagalli, spaventati a morte di non essere tutti uguali, mentre la gente di una volta pregava per avere il vantaggio di essere un po' diversa». Era il 1896 quando nel suo romanzo Il paese degli abeti aguzzi la scrittrice statunitense Sarah Orne Jewett denunciava l'omologazione dei giovani alla moda dominante. Chissà cosa avrebbe affermato oggi con certe derive giovanili da branco, nel quale tutti vestono secondo un determinato stile, hanno gli stessi divertimenti, dicono le stesse parolacce, frequentano gli stessi locali e cercano di scandalizzare i loro genitori in ogni forma possibile.
Ben diverso è il ritratto che ci offre il libro della Sapienza, un testo biblico scritto in greco alle soglie dell'èra cristiana e particolarmente attento al tema della comunione immortale del giusto con Dio. Si tratta di un giovane che, all'improvviso, è strappato da questa terra da una morte prematura. Ascoltiamo le parole di quel sapiente biblico, forse vissuto ad Alessandria d'Egitto.
«Il giusto, anche se muore prematuramente, si troverà in un luogo di riposo. Vecchiaia veneranda non è quella la longeva, né si misura con il numero degli anni ma canizie per gli uomini è la saggezza, età senile è un vita senza macchia.
Divenuto caro a Dio, fu amato da liui, e poichè, viveva fra i peccatori, fu portato altrove. Fu rapito, perchè la malvagità non alterasse la sua intelligenza o l'inganno non seducesse la sua anima, poichè il fascino delle cose frivole oscura tutto ciò che è bello e il turbine della passione perverte un animo senza malizia.

Il passo riflette quasi un'atmosfera "pasquale" stiana, espressa attraverso due verbi veramente suggestivi: «Divenuto caro a Dio, fu amato da lui e, poiché viveva tra peccatori, fu portato altrove, fu rapito». C'è una premessa da fare. Per l'Antico Testamento la cartina di tornasole della giustizia di una persona era nella benedizione che Dio le riservava attraverso una lunga vita, come era accaduto ai patriarchi. Ad esempio, il padre-maestro del libro dei Proverbi dice al suo figlio-discepolo: «Non dimenticare il mio insegnamento e il tuo cuore custodisca i miei precetti perché lunghi giorni e anni di vita e tanta pace ti apporteranno... Il saggio ha lunghi giorni nella sua destra e ricchezza e onore nella sua sinistra» (3,1-2.16).
Potremmo continuare a citare a lungo esempi analoghi, così come non manca il contrario: l'empio sarà votato a una morte repentina. «Sono contati gli anni riservati al malvagio»: l'amico Elifaz minaccia così Giobbe (15,20). E il Salmista usa un'immagine incisiva: «I malvagi come l'erba presto appassiranno, come verde del prato avvizziranno» (37,2). Nel libro della apienza assistiamo, invece, a un ribaltamento. È il giusto ancor giovane ad essere "rapito" da Dio che lo trasferisce dalla stanza corrotta del mondo alla sala del suo regno ove vivrà nella gioia, nella pace e nell'immortalità.
Egli non è più qui tra noi, è «portato altrove», come era accaduto al profeta Elia rapito in cielo da quel Signore che egli aveva coraggiosamente servito e amato durante la sua esistenza terrena (2Re 2). Ma l'autore del libro della Sapienza è consapevole che questa vicenda crea sconcerto e continua così: «Giunto in breve alla perfezione, ha conseguito la pienezza di tutta una vita.
La sua anima era gradita al Signore, perciò si affrettò a uscire dalla malvagità. La gente vide ma non capì, non ha riflettuto su un fatto così importante: grazia e misericordia sono per i suoi eletti e protezione per i suoi santi» (4,13-15). La pienezza di vita non si misura, quindi, sul computo degli anni ma nell'aver adempiuto la propria vocazione nell'arco di tempo a noi riservato da Dio. Per questo potremmo concludere con una battuta di Mateo Alemán, uno scrittore spagnolo di origine ebraica vissuto nel '500 anche in Messico: «La giovinezza non è una stagione della vita, è invece uno stato della mente e dell'anima».
G. Ravasi, Giovani Inquieti, 121-123
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