Nel 2020, durante la pandemia, mi è capitato di conoscere i Domenicani, prima attraverso il sito “amici dei domenicani” gestito da p. Angelo Bellon O.P., che con grande pazienza riesce a rispondere ai dubbi delle persone riguardanti la fede, o aspetti inerenti la Chiesa. Poi sempre in periodo covid, nel 2021, mi sono imbattuto su Fb nella pagina della gioventù domenicana di Santa Maria sopra Minerva, Roma, dove ho avuto l’occasione di vedere il vangelo di Giovanni con il commento di San Tommaso d’Aquino.
Quest’anno abbiamo fatto, tra i tanti, un incontro dove abbiamo visto come e quanto la conoscenza della dottrina migliora la vita spirituale. Papa Ratzinger diceva che la teologia (termine che deriva dalla combinazione di due parole greche theos = Dio e logos = parola o pensiero) può aiutare notevolmente i cristiani a vivere meglio la loro fede. Sant’Agostino diceva nel commentare il vangelo di Giovanni: «crede ut intelligas» (credi per capire).
In questa affermazione dell’Ipponate si riconosce la priorità della Rivelazione come evento che, se accolto dalla volontà, è capace di attivare anche potenzialità razionali inedite, per primato dinamico e non statico che invece compete all’intelletto, e di introdurre nella Verità divina che contiene ogni altra verità: «Desideri capire? Credi […] perché la comprensione è la ricompensa della fede. Perciò non cercare di capire per poter credere, ma credi per poter capire. […] Non una fede qualsiasi, ma una fede informata dall’amore: lascia che questa fede sia dentro di te e capirai la dottrina che la riguarda» (S. Agostino, Tractatum in Evangelium Johannis, 29, 6).
Abbiamo visto il vangelo di Matteo, capitolo 7 versetti 21-24: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia.»
Quindi per fare la volontà del Padre lo studio stesso della dottrina si rivela come un mezzo privilegiato: per capire meglio la Parola di Dio, per saperla gustare e per non cadere in interpretazioni sbagliate (come una lettura fondamentalista della Bibbia). Nella prima lettera ai Colossesi di Paolo ai versetti 9-11, leggiamo: «Perciò anche noi, da quando abbiamo saputo questo, non cessiamo di pregare per voi, e di chiedere che abbiate una conoscenza piena della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale, 10 perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; 11 rafforzandovi con ogni energia secondo la potenza della sua gloria, per poter essere forti e pazienti in tutto...»
Qui in san Paolo vediamo anche l’aspetto contemplativo nel pregare perché i credenti abbiano sapienza e intelligenza (doni dello Spirito Santo) così come nell’Antico Testamento il re Salomone chiede a Dio di avere la sapienza per poter governare al meglio il suo regno e Dio si compiace con lui. San Tommaso d’Aquino dice nella Somma di teologia che nella stessa perfetta conoscenza di Dio consiste la beatitudine dell’uomo. San Bernardo da Chiaravalle, invece, dice che l’amore verso Dio esige anche la sapienza: Dio, dice il santo, è anche sapienza, e vuole essere amato non solo dolcemente ma anche sapientemente.
Concludo dicendo che nel mio percorso di fede lo studio della teologia mi è servito per conoscere meglio Dio ed a evitare interpretazioni sbagliate. Mi piacciono gli atteggiamenti che hanno avuto San Tommaso d’Aquino e Sant’Alberto Magno nei confronti della stessa filosofia e della stessa scienza: comportamenti improntati all’apertura e al confronto con le realtà che li circondavano.
Andrea Dalmaso gruppo giovanile domenicano "San Tommaso d'Aquino" (Roma)
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